Where are you Jimmy now? Dove sei finito Jimmy ora? Sono passati ben 42 anni da quando la spiaggia di Brighton vide inabissarsi la tua moto. Ma tu, Jimmy, eri lì oppure …
Inghilterra, anno di grazia 1973. Gli Who sono al vertice della loro fama. Ah quel nome scelto per la band da un loro sincero ammiratore, quanto è azzeccato! Who? Chi? Stiamo parlando di quattro musicisti dal carattere uno più diverso dall’altro: scopriamoli uno alla volta, prima di capire come e perchè dal 1973 le loro vite e le nostre non sarebbero più state le stesse.
Intellettuale acuto osservatore dei suoi tempi, perfezionista sia sul palco che nello studio di registrazione, introverso, generoso: è la mente del gruppo il chitarrista Pete Townshend. Ha fama di chiudere le sue esibizioni live rompendo il suo adorato strumento: perchè lo fa? In Pete ci sono in parti eguali odio e amore, voglia di evasione e senso del dovere, legatissimo alla sua famiglia eppure stregato dal desiderio di raccontare fiabe che con la vita di tutti i giorni hanno tanti punti in comune.
Poi c’è la voce, riccioli d’oro Roger Daltrey. Ego forse spropositato. Perfetto amministratore di se stesso. Uno che quando s’arrabbia non le manda a dire a nessuno. Collezionista raffinato di auto di lusso, Roger sul palco affascina legioni di fans tirando fuori il meglio delle sue corde vocali come se le avesse scritte lui le canzoni che invece sono tutte o quasi composte da Pete. I due si stimano ma non si amano ma remano sempre nella stessa direzione: la band viene prima di tutto!
A far da collante c’è il bassista più originale e dotato di senso dell’umorismo della storia del rock britannico. John Entwistle nella vita e sul palco pensa solo a far bene il suo lavoro. Nasce come chitarrista ritmico. Poi con Pete arriva a fare una cosa straordinaria, unica nel suo genere: scambiarsi i ruoli, ritmica e melodia, mantenendo gli stessi strumenti.
Infine Keith Moon, il batterista. Un genio con un difetto congenito: completamente matto, quindi ingestibile a tutti i livelli. Beve come una spugna e usa tutte le sostanze stupefacenti possibili e immaginabili. Che incida in studio o che debba affrontare una lunga serata sul palco davanti a migliaia di spettatori, Keith non fa una piega. Sempre sull’orlo dell’autodistruzione. Però, davanti alla gran cassa e ai suoi amati tamburi, dategli due bacchette e, garantito al mille per mille, vi solleverà il mondo.
Ma torniamo a quel magico 1973. Pete è un ex Mod: un movimento artistico che fu anche scelta di vita per centinaia di migliaia di britannici stufi marci delle convenzioni sociali in voga fino ad allora. Quando entra in studio dopo aver composto ad uno ad uno i pezzi del doppio LP Quadrophenia è al limite dell’esaurimento nervoso. Ma non è che Roger, John e soprattutto Keith stiano meglio di lui: anzi! Duri mesi di lavoro, discussioni che spesso sfociano in litigate accese, ma la spiaggia di Brighton e Jimmy, il ragazzo che è andato lì alla ricerca del suo destino, prevalgono su tutto.
Quadrophenia, vale a dire quattro lati diversi del suo carattere, è godimento assoluto per le nostre orecchie quanto sarà fonte di disgrazie inenarrabili sui palcoscenici di Europa e USA per Pete, Roger, John e soprattutto Keith. Morì poco dopo per le sue scelte di vita eccessivamente autodistruttive, pace all’anima sua!
Sogno spesso di lui che, al cospetto di San Pietro e degli apostoli in una rivisitazione rock dell’Ultima Cena, fa finta di nulla e sposta la sedia a San Pietro prima che quest’ultimo si accomodi a tavola …
Where are you Jimmy now?